31 agosto 2023
10 giugno 2023
25 maggio 2023
23 maggio 2023
9 maggio 2023
3 maggio 2023
1 maggio 2023
Primo maggio
23 aprile 2023
Un libro di storia molto interessante di Cristiano Cressoni
13 aprile 2023
11 aprile 2023
8 aprile 2023
30 marzo 2023
Bella iniziativa dei forni di Polpet
FUGAZZA
Ingredienti: 500gr.di farina,1 bustina di lievito per dolci,3 uova e 1 albume,80 gr.di burro,120gr.di zucchero,poco Rosolio,zucchero in granella,mandorle affettate, burro per ungere la placca,sale.
In una ciotola mettere la farina con il lievito,aggiungere le uova,il burro e lo zucchero.Profumare con il rosolio,un pizzico di sale mescolare bene con un cucchiaio di legno e poi con le mani per ottenere un impasto morbido e liscio, coprire e lasciare lievitare vicino a una fonte di calore per due ore.
Imburrare la placca,prendere l'impasto e fare una pagnotta da adagiare sulla placca,pennellare con l'albume montato a neve, decorare con la granella di zucchero e le fette di mandorle, quindi infornare a 200 gradi per 30 minuti .
Tipico dolce, inizialmente si faceva solo a Pasqua ma ora vista la bontà viene prodotta tutto l'anno.
E non dimenticate di fare il vostro segno, come si usava una volta, o mettere le uova sode per deocorare
22 marzo 2023
18 marzo 2023
15 marzo 2023
12 marzo 2023
11 marzo 2023
8 marzo 2023
Un post di fb della Biblioteca civica di Belluno
LA CONTADINA BELLUNESE NELL’800
La contadina ideale –scrive il Bazolle- doveva essere “na femena doppia”, dotata cioè d’un fisico robusto e resistente. Lavorava da mane a sera, doveva preparare i pasti, badare a maiali e galline, filare e tessere, occuparsi della prole. I contadini si sposavano “solo per non dover prendere una serva alla quale oltre il vitto dovrebbero dare anche un salario”. Secondo Riccardo Volpe la condizione muliebre in campagna era miserevole perché trascorrevano molto tempo in stalle mefitiche e dormivano “in strette e soffocanti cameruccie, talora sotto tende mobili in mezzo ai prati montani durante la falciatura”. All’aperto si esponevano “alle saltuarie temperature di primavera, al sole, al vento, alle pioggie temporalesche della state e dell’autunno. “Poco caute e mal nutrite nei puerperii, ripigliano le loro occupazioni pochissimi giorni dopo il parto, ond’esse perdono la freschezza della gioventù a venti anni”. Inoltre “si sobbarcano poi occupazioni e fatiche sproporzionate al loro sesso, perché fungono come bestie da soma; portano cioè colle loro spalle enormi pesi, salendo viottoli ripidi e pericolosi”. Vasto è il loro mansionario: “Nel verno filare, la canape, il lino,la lana, il fare di maglia, il cucire per lo più per uso della famiglia, e di rado per guadagno; nelle altre stagioni tutto ciò che si richiede per il lavoro del podere, cioè mondare i prati, scalzare e rincalzare il granoturco, rastrellare i foraggi falciati dagli uomini, mietere e trebbiare a mano le biade, cavare la canape e il lino e dicanapularli a mano, caricare sui carri foraggi o portarli sui fienili, raccogliere e trebbiare a mano il granoturco, infine raccogliere e caricare lo strame per la lettiera delle stalle”. Di conseguenza, conclude Volpe, “nessuna frazione di tempo rimane alle contadine per occuparsi in guadagni”. Ubbidienti al pater familias, le contadine, silenti eroine del quotidiano erano macchine da lavoro senza diritti e con tantissime responsabilità. In poche superavano i 60 anni d’età.
7 gennaio 2023
3 gennaio 2023
In Gennaio si montava il telaio e si iniziava a tessere.
In Gennaio si montava il telaio e si iniziava a tessere.
Il filato più usato era la canapa.
Di questa pianta ne conosciamo giusto il nome anche se è bandita dai nostri campi da decenni.
In Italia la produzione di canapa tessile è sempre stata ai massimi livelli. Nell’antica tradizione italiana la canapa era diffusa principalmente a causa dell’espandersi delle Repubbliche Marinare che la utilizzavano largamente per il sartiame e per le vele delle proprie flotte da guerra sfruttandone la leggendaria resistenza e leggerezza.
La tradizione di utilizzarla per telerie ad uso domestico è molto antica.
Si calcola che nella sola Emilia-Romagna (regione particolarmente predisposta alla coltivazione della canapa in ragione della qualità e dell’umidità del suolo), nel 1910 vi erano 45.000 ettari di terreno coltivati a canapa, soprattutto nel Ferrarese, mentre il dato complessivo di tutta Italia portava la superficie a 80.000 ettari.
Negli anni ’50 l’Italia era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica) con ben centomila ettari coltivati. Tutta la zona emiliano-romagnola aveva una florida economia basata essenzialmente su questo prodotto. Il suo stesso territorio con canali, maceri, campi sterminati, si è configurato nei secoli anche secondo le esigenze di produzione e di trasformazione della canapa.
La canapa ha la particolarità di poter essere coltivata ripetutamente sullo stesso terreno,dal momento che non lo impoverisce, bonificando e ammorbidendo la struttura dei terreni induriti da uno sfruttamento eccessivo, grazie a radici profonde e sottilmente ramificate. Può arrivare in alcuni casi fino a 7 metri di altezza, ed è una barriera ideale contro le impollinazioni di altre colture dal momento che il suo olio è un antiparassitario naturale.
In tre mesi dalla semina la canapa è pronta per il raccolto.
LA CAMPAGNA APPENA IERI gruppo FB